Cappuccio e corona in testa, falce in una mano e globo nell’altra, con la variante della clessidra. Soprattutto un’infinita possibilità di tuniche, per forma e colore. La Santa Muerte, un po’ Madonna, un po’ Tristo Mietitore, un po’ pagana, è recentemente diventata un’icona famosa in tutto il mondo per l’erronea associazione al mondo della criminalità e del narcotraffico messicano. Con un numero di devoti che oscilla, secondo le stime, fra i 5 e i 10 milioni e con 1500 altarini solo a Città del Messico, questo culto ha radici storiche e socio-culturali molto più profonde.
L’evangelizzazione dei conquistatori spagnoli ha infatti creato un sincretismo fra cattolicesimo e liturgie precolombiane già a partire dall’inizio del XVII secolo. La Santa Muerte, nota anche come Niña Blanca, Niña Bonita, Reina, Flaquita, Dama Poderosa (Bambina Bianca, Bambina Bella, Regina, Magrolina), riprende elementi medievali, come rappresentazioni della morte tipiche delle processioni del Venerdì Santo, adattandoli a costumi precedenti il cristianesimo. Durante la costruzione dello Stato messicano, il governo di Lázaro Cárdenas voleva creare una specifica identità nazionale che fondesse tradizione e modernità, con ripercussioni sulla cucina, la cultura e la religione.
A contribuire all’iconografia, concorrono anche grandi artisti come José Guadalupe Posada, a cavallo fra Ottocento e Novecento, che incide la Calavera Catrina, e Diego Rivera, autore del Sueño de una tarde dominical, dove sono ritratti centinaia di personaggi storici e politici del Messico e tra loro appare, in primo piano, uno scheletro in abiti femminili.
La Chiesa ha sempre osteggiato la venerazione della Santa Muerte, che si discostava dai canoni ufficiali. Adorare la morte, assurdo, va contro ogni principio! Anche se, per i seguaci, la morte come la vita è sempre e comunque un’opera di Dio. Così tutto è sempre avvenuto in condizioni di semi-clandestinità, ma il pretesto per mettere in cattiva luce la Santa Muerte arriva nel 1998. Nell’abitazione del “Mochaorejas”, temibile sequestratore noto per mozzare le orecchie, da cui il soprannome, viene trovata una statuetta della Santa Muerte.
L’occasione è irripetibile, l’associazione mediatica di Santa Muerte e criminalità fin troppo scontata. In pochi anni esplode anche la guerra fra cartelli, ovviamente in molte case di narcotrafficanti ci sono quei simulacri. Poco conta che a casa del Mochaorejas ci fosse anche la Virgen de Guadalupe. Poco conta che il culto sia trasversale, giovani e vecchi, ricchi e poveri, buoni e cattivi, lavoratori e disoccupati si rivolgono alla Flaquita, così come a entità più o meno ortodosse, da san Juda Tadeo a… san Pancho Villa! Sarebbe come sottolineare che “anche i mafiosi seguono il cattolicesimo”, è normale già che la stragrande maggioranza degli italiani lo fa (o meglio lo dichiara).
Nel 2005 viene organizzata una marcia di preghiera per protestare contro la decisione della segreteria della “Migraciòn y asuntos religiosos” di negare la dignità di associazione religiosa al culto della Santa Muerte. In 30 mila sfilano a Tepito, epicentro di questa credenza, la Cnn gira un documentario diffuso in tutto il mondo ma non in Italia, si mormora per l’opposizione vaticana. La fama diviene mondiale, ma a quel punto lo diventa anche il binomio Santa Muerte-narcos, per via della quasi illegalità delle celebrazioni.
Dove semplicemente vengono chieste le più disparate cose – come si fa con le preghiere “classiche” – e si affida la propria vita alla Niña Blanca per tornare a casa sani e salvi. Il bello della Santa Muerte sta nella sua adattabilità, non ci sono regole. “Ognuno chiede quello che gli dice la sua maledetta voglia”, spiega Doña Queta, di Tepito, famosa in tutto il Messico per avere uno degli altari più frequentati e per questo diventata un simbolo di resistenza culturale. Anzi, una regola c’è, “bisogna chiedere col cuore in mano, dimostrando fede”. Come voto, sono accettati anche alcol e tabacco.
Nelle sue diverse forme, la Santa Muerte può essere ornata con vesti gialle se il problema è l’invidia, nero o viola per questioni economiche e di denaro, rosso per l’amore, bianco per lo spirito o addirittura multicolore per un pacchetto completo. “La mente muove tutto”, afferma la Queta, “se senti che è tutto vero allora sarà tutto vero, se pensi sia tutto falso, allora sarà tutto falso”, insomma un altro dei tanti fantasmi di fumo. Un fedele, emigrato negli Stati Uniti, racconta di essersi rivolto alla Santa Muerte quando lo zio Sam gli toglie la potestà sulla figlia, in un periodo in cui anche il lavoro andava male. Da lì il cambiamento radicale.
Ovviamente i truffatori esistono, per soldi in tanti fingono di avere dei poteri prodigiosi, “ma nessuno di noi ne ha”, continua la Queta parlando di imbonitori, gente che legge la mano o toglie il malocchio. Ma perlopiù gli affari che si sono sviluppati intorno alla Dama Poderosa sono abbastanza “innocenti”. Il mercato di Sonora è probabilmente il più famoso e vi ci si può trovare tutto il necessario per farsi il proprio altare, con tanto di candele ed essenze specifiche.
La Santa Muerte ha raggiunto di recente grande popolarità internazionale, vuoi per la globalizzazione, vuoi per l’alone sinistro ingiustamente attribuitole fuori dal Messico. Un po’ come Che Guevara è diventata involontariamente icona anche “troppo” popolare. Lo si capisce dal boom di tatuaggi che hanno questo soggetto, con gli stereotipi che si portano dietro. C’è chi pensa siano dark, ma lei è benigna. C’è chi aggiunge carne e pelle, che non ci sono. C’è chi pensa siano da narcos, quindi da duro: tra questi il governo statunitense, che nel 2012 rifiuta il visto a Josè Leonardo Diaz proprio per l’inchiostro sul corpo.
Immaginiamo che lei, la Santa Muerte, sopporti con la pazienza di chi ha tutto il tempo davanti.
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