Cucina e televisione, è un binomio che consideriamo fin troppo abusato negli ultimi anni. In realtà sono sempre andate a braccetto e il proliferare di programmi dedicati alla buona tavola è solo dovuto alla moltiplicazione dei canali e degli orari di messa in onda, spalmati lungo tutto l’arco della giornata perché pensati per una platea più vasta. Più che altro è cambiato il modo di affrontare l’argomento.
Già nel 1957, appena tre anni dopo l’inizio delle trasmissioni, partiva il Viaggio lungo la Valle del Po, condotto da Mario Soldati. All’epoca si credeva nel ruolo educativo della tv, in un’Italia ancora molto poco unita e istruita. Cucina, buon cibo e ingredienti genuini, erano uno dei tanti pretesti antropologici per raccontare cultura e tradizioni del Paese.
Nel 1974 comincia invece A tavola alle 7, condotto da Ave Ninchi e dal critico gastronomico Luigi Veronelli, prototipo di un format televisivo che di lì in poi andrà per la maggiore. Durante la trasmissione venivano infatti proposte ricette, consigli e gare con ospiti popolari, tra i quali sono intervenuti Orietta Berti e Aldo Fabrizi.
Con la commercializzazione della tv sono iniziati programmi con inserimento di prodotti destinati al mercato. Ma l’aspetto pubblicitario era coniugato con una guida pratica al risparmio e alla qualità della cucina. È il periodo di Wilma De Angelis, che per circa venti anni è andata in onda con diverse trasmissioni su reti private nazionali, soprattutto Telemontecarlo, concorrente della Rai prima di Fininvest (ma questa è un’altra storia).
Il target era prevalentemente quello della casalinga, il filone è continuato con Antonella Clerici – pur arricchito dalla presenza di cuochi professionisti come Gianfranco Vissani – e Benedetta Parodi, solo per fare due nomi, ma anche con i contenitori domenicali che accompagnavano fino al pranzo, Linea Verde da una parte, Davide Mengacci dall’altra.
Ma la cucina è un argomento che bene o male interessa tutti, così anche un canale per più giovani come MTV, alla fine degli anni ’90, ha proposto Kitchen, con Andrea Pezzi. Altri canali tematici, quali Alice e Gambero Rosso, hanno puntato su maggiore professionalità, trattando l’enogastronomia con maggiore serietà, su un altro livello.
Come unire l’intrattenimento all’alta cucina? Gli ingredienti che più attirano il pubblico restano gioco e zizzania, meglio se uniti, per poter tifare qualcuno mentre litiga con l’altro. Funziona per le questioni serie, figuriamoci per qualcosa che non ha il destino di un Paese o di generazioni nelle mani – FAO e WFP, non disquisiscono certo di pancetta o guanciale nella carbonara. Così al tempo stesso la cucina è diventata solenne come se fosse la lotta contro il cancro pur mantenendo un aspetto ludico e i cuochi sono diventati celebrità, personaggi, smettendo per periodi di tempo più o meno lunghi di fare il loro vero lavoro.
2003, nasce Hell’s Kitchen, 2005, prende il via la versione “moderna” di Masterchef. Filo conduttore è il cuoco scozzese Gordon Ramsay, famoso per lo stile militare e gli insulti, scopiazzato in tutto il mondo – da noi da Carlo Cracco e soci. È il nuovo modo di parlare di cucina in tv, sempre più scientifico, sempre più elitario, sempre meno accessibile. Basta con la spensieratezza popolare e i soliti sformati di avanzi di Wilma De Angelis. L’asticella si alza sempre di più, per innovare la tradizione con tecniche elaboratissime ed estreme. Non hai mai mangiato le cozze della Galizia che costano la vita a centinaia di pescatori perché raccolte su scogliere impervie battute da onde oceaniche? Non sei nessuno. Si è sfumata quell’aderenza alla realtà più comune che le rassicuranti Wilme De Angelis ti sapevano infondere.
Gli aspetti positivi però ci sono. È rimasto un lato divulgativo, si conoscono più stili di cucina dal mondo e sperimentazioni interessanti. E si preparano i partecipanti di questi talent a situazioni che vivranno, eventualmente, lavorando in ristoranti di livello, dove l’astio a telecamere spente (e senza copione) può essere peggiore. Un mondo dorato, secondo quanto mostrato dalle inchieste di Report, che nasconde forme di schiavismo moderno per i novizi che sperano di inserirvisi. Ma anche questa è un’altra storia.
Nonostante internet, che comunque pullula di blog di ricette e critica culinaria, la tv resta il mezzo principale di intrattenimento e l’evoluzione dei programmi di cucina (come di tutti gli altri generi), dal didascalismo anni ’50 agli attuali duelli all’arma bianca, sono causa-effetto dei cambiamenti sociali. Basta restituire il giusto peso alle cose. Anche se ci viene insegnato che non si gioca col cibo, la cucina in tv è solo un gioco.