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Polonia, “povera” ma bella

Gli stranieri spesso hanno un’immagine della Polonia come di un povero Paese di stile comunista, in cui fa sempre freddo e dove gli orsi polari passeggiano per le strade”, scrive StayPoland. In particolare “i polacchi sanno poco le lingue” e “si lamentano in continuità“; “ai polacchi non piacciono gli stranieri”, ma in compenso “piace la vodka”; infine “in Polonia i crimini sono all’ordine del giorno”. Tutti stereotipi! Che come tali hanno del vero e del falso e, soprattutto, potrebbero essere appiccicati a molti altri Paesi o categorie. Tutt’altra storia è farci un viaggio dentro, anche breve, anche “turistico” (nel senso, davvero ti perderesti il Colosseo la tua prima volta a Roma?), ma curioso di conoscere e aperto. La maggior parte delle volte basta non chiudersi nelle pizzerie… altrimenti, che senso ha viaggiare?

Wrocławski Rynek – Piazza del Mercato di Breslavia con i suoi palazzi alti, stretti e colorati come ad Amsterdam (febbraio 2016 credits StereoType Mag)

I polacchi sono un popolo che affonda i suoi usi e costumi nelle origini slave – sono gli “slavi occidentali” come gli yugoslavi sono letteralmente gli “slavi del sud” – ma anticamente ebbero anche importanti influenze bizantine e ottomane. “Il 95% della popolazione oggi è cattolico-romana, col 75% che va a messa regolarmente“. Il che potrebbe in parte spiegare come mai la Polonia sia rimasta, tra le nazioni europee, quella che attualmente ha le misure anti-aborto più restrittive (v. articolo precedente).

Per il resto la Polonia non è affatto “povera”, da nessun punto di vista, storicamente era addirittura chiamata “il granaio d’Europa”, insieme con l’Ucraina, a essa molto affine, in un pezzo di Storia incredibile, ma da noi poco approfondito, che spiega però molte cose: “Al crocevia tra la Rivoluzione bolscevica e il trattato di Versailles cercarono ambedue l’indipendenzaI polacchi ci riuscirono, gli ucraini no. Ma la voglia è rimasta. Si nutriva e si nutre di memorie ancora più lunghe: i secoli in cui l’Ucraina fu parte di una grande Polonia, una nazione che si spandeva dal Baltico al Mar Nero, più vasta e più forte della Russia. Non era una integrazione del tutto equa: i polacchi erano i padroni, i latifondisti, mentre gli ucraini coltivavano la terra per loro. Ma assieme erano il granaio d’Europa ed esportavano tanto grano, per esempio in Francia, che quando la triplice aggressione delle spartizioni della grande Polonia interruppe quel flusso, su Parigi e dintorni si avventò quella carestia che diede la spinta decisiva alla Rivoluzione Francese del 1789…” La Storia più recente, e in parte anche l’attualità, hanno dunque gravato su un antico splendore per causa di “disoccupazione, guerre e abusi politici“. In ogni caso la Polonia oggi, prendendo a riferimento il PIL (Prodotto Interno Lordo) come strumento di raffronto europeo (anno 2019), si afferma all’11esimo posto, dopo la Svezia e prima del Belgio.

I soldati partigiani del Monumento all’insurrezione di Varsavia del 1944

Quando nel 2016 abbiamo esplorato la Polonia per la prima volta erano già evidenti tutti gli stereotipi e tutte le tensioni di un Paese profondamente cattolico, con un governo sempre più conservatore, nazionalista ed euro-scettico, e un retaggio comunista presente in ogni aspetto, esteriore e interiore, della vita sociale. E nonostante i pesanti tagli al welfare che anche la Polonia ha subito negli anni più recenti. Delle tre anime, quella comunista sembra avere solo un sapore positivo ormai, quasi nostalgico. Come nel caso delle sopravvissute latterie (bar mleczny), luoghi molto spartani e fuori dal tempo, somiglianti alle nostre vecchie e sempre più rare “mense sociali”, dove è possibile mangiare un piatto completo a circa 2 euro – noi con 4 piatti e una bevanda siamo arrivati a 10 euro e ovviamente avevamo esagerato! Qui si incontra ogni tipo di persona, dal mutilato (lavoro, guerra?) all’anziana signora in pelliccia, dall’ubriacone a quello in giacca e cravatta. Luoghi semplici e funzionali, parzialmente decadenti, che però ancora sopravvivono nella mappatura (ex) comunista globale, dalla Russia a Cuba, con una funzione ancora importante e imprescindibile. Più che democratica… quasi commovente.

I polacchi sono persone gentili, con le solite differenze del caso: l’apertura delle città più piccole di solito diventa un po’ meno “aperta” nelle capitali o comunque nelle città più grandi. Anche se talvolta è vero anche il contrario. Comunque è quello che abbiamo sentito spostandoci dal “calore” di Breslavia (Wrocław) al maggior “distacco” di Varsavia (Warszawa), soprattutto da parte di chi sembra avere a che fare con i turisti piuttosto spesso… e non in modo positivo! (E anche qui “tutto il mondo è paese”). I prezzi rimangono comunque molto bassi, rispetto a una già economica Italia (a parte le città d’arte), anche nei ristoranti più turistici o di lusso. Perfino al centro e nel ghetto ebraico, tanto per rimanere negli stereotipi!

Piazza del Mercato di Varsavia, ancora in veste natalizia con la pista di pattinaggio, e al centro la sirena con la sciabola, simbolo della città (febbraio 2016 credits StereoType Mag)

L’architettura delle città polacche è interessante, molto mescolata tra vecchio e nuovo, così che è possibile vedere i palazzi colorati della tradizione (simili a quelli lungo i canali di Amsterdam), insieme con i funzionali casermoni comunisti e i nuovi grattacieli, tutti insieme e particolarmente vicini. Così come si può sperimentare, per esempio, a Londra. Il tutto inframmezzato da chiese cattoliche e ortodosse e vecchi bazar. L’effetto complessivo è particolare e forse può colpire di più gli italiani, vista la nostra più diffusa attitudine a separare nettamente il nuovo in nome della preservazione dell’antico.

Colpo d’occhio a Varsavia (febbraio 2016 credits StereoType Mag)

Come tutte le grandi città europee, il centro di Varsavia è trattato come una bomboniera. Una bassa cinta muraria di mattoni rossi separa, dai moderni grattacieli esterni, un centro storico ricco di strade e palazzi monumentali (e una bellissima città universitaria), alternati a vie e piazzette di case colorate. Così moderna e architettonica, ricorda “l’impianto visivo” di un’altra città olandese, Rotterdam: anche qui le case tradizionali, rigorosamente a spiovente per proteggersi dalla neve, sono circondate dal nuovo design che avanza.

Bancarelle con abiti da sposa nello storico Bazar Różyckiego di Varsavia… (come a via Sannio a Roma;) (febbraio 2016 – credits StereoType Mag)

Breslavia ha la stessa impostazione… con l’aggiunta degli animali! Non è vero che per le strade girano orsi in carne e ossa, ma sono spesso rappresentati.

Breslavia ha la particolarità di essere una città da percorrere con il naso… all’ingiù. Oltre ai vari orsi, finti ma spesso a grandezza naturale, abbiamo incontrato anche qualche animale da fattoria, ma soprattutto piccoli gnomi in bronzo costellano gli angoli della città salutandoti dal basso. Il nano di Breslavia, oggi diffuso anche in altre città polacche, è oggi simbolo di protesta pacifica. Ce ne sono centinaia, tutti diversi e possono trovarsi in ogni punto (di solito a terra, ma anche in alto, su panchine o parapetti…) raffigurati nella loro vita di tutti i giorni, come dei veri e propri cittadini. Molti infatti sono nani lavoratori, e questi generalmente rappresentano, ma altri semplicemente si divertono…

“L’orso di Breslau” con la lingua portafortuna lucente (perché tutti la toccano) nella piazza del Mercato di Breslavia… un po’ come il “nostro” cinghiale di Firenze 🙂 (febbraio 2016 credits StereoType Mag)

Il nano nasce infatti come simbolo politico, quando negli anni ’80 “Breslavia era la sede dell’Alternativa arancione (Pomarańczowa Alternatywa) in opposizione alle autorità comuniste. Invece di combattere il fuoco con il fuoco, hanno combattuto il regime con proteste assurde e comiche…“, tra cui dipingere nani sui muri che le autorità avrebbero dovuto ricoprire in tutta fretta, rendendosi così ridicole! Ancora oggi basta mettere il naso… fuori dal centro per rendersi conto della “vita vera”, che rivela non pochi problemi con la sessualità (e lo sappiamo bene anche noi), tra adescamenti per strip club (il sesso che deve nascondersi) e la faticosa battaglia in difesa dell’aborto (il sesso che deve essere solo per procreare).

Tra i vari nani lavoratori, non poteva mancare anche quello al computer! (Breslavia, febbraio 2016 – credits StereoType Mag)

“Ma la Polonia è importante per qualcosa?” Mentre facevo le mie ricerche per questo articolo, Google ci ha tenuto a farmi sapere che è questo che “la gente chiede anche” sulla Polonia. (Fantomatica “gente”…). Ed è infatti questo uno dei più grandi pre-giudizi sulla Polonia! Le risposte suggerite da Google virano tutte sulla cucina, ma prima di arrivare a quella… forse bisogna dire che esistono tanti polacchi famosi, ma nessuno lo sa. Due delle più grandi personalità della Polonia e del mondo intero vengono da sempre scambiate per francesi, per via dei loro nomi “francofoni”. Parliamo del musicista Frederick Chopin e la scienziata Marie Curie, entrambi polacchi… solo Varsavia è piena di riferimenti, tra  statue, monumenti, residenze, musei, la chiesa in cui Chopin suonava l’organo da ragazzo o la casa-laboratorio di colei che scoprì la radioattività…

“Alla fine dei suoi giorni Frédéric Chopin fece una raccapricciante richiesta: che il suo cuore fosse tolto dal suo cadavere e rimandato nel suo paese d’origine, ben sapendo che il suo corpo non avrebbe mai lasciato Parigi…” (Basilica della Sacra Croce di Varsavia – febbraio 2016 credits StereoType Mag)

Nicolò Copernico è un’altra personalità polacca spesso non riconosciuta. Infatti il rivoluzionario del sistema eliocentrico appartiene ancora alla vecchia schiera dei grandi personaggi storici italianizzati, come Bacone (Bacon) o Cartesio (Descartes), ma il suo nome originale era Mikołaj Kopernik. Per non parlare del recente Papa Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła), del grande Lech Walesa di Solidarność, premio Nobel per la Pace nel 1983, della meravigliosa poetessa Wisława Szymborska, premio Nobel per la Letteratura nel 1996. Per citare altri nomi che nascondono le origini polacche c’è perfino Shimon Peres, ex presidente di Israele: nome originale Szymon Perski. (Tra parentesi, levati i grandi primati di Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia… Italia e Polonia hanno raggiunto lo stesso numero di Premi Nobel, una 20ina circa, assestandosi rispettivamente all’11esimo e 12esimo posto).

Il volto di Giovanni Paolo II sulla finestra della Cappella Nuova della chiesa di Santa Elisabetta (Breslavia febbraio 2016 – credits StereoType Mag)

Ed eccoci infine alla nota solitamente dolente per gli italiani: parlare bene della cucina altrui! Soprattutto se non “nota e prestigiosa” come quella italiana, appunto, o francese (anche se l’ammissione avviene a denti stretti!). Eppure anche i polacchi sono famosi per la loro cucina, e in particolare per i loro pierogi (si pronuncia con la gh), letteralmente “ravioli“. A metà strada tra quelli italiani e quelli cinesi, bisogna ammettere che sono caratterizzati da una maggiore creatività di ingredienti (salati ma anche dolci) rispetto al più frequente ricorrere del nostro “ricotta e spinaci”. Nella loro versione più classica sono al formaggio, accompagnati con panna acida e prezzemolo. Potremmo aggiungere dunque un altro “conflitto” tra Italia e Cina sui ravioli, oltre a quello già in atto sulle origini degli spaghetti…! Per poi scoprire che non c’è alcun conflitto: la pasta, in tutte le sue forme, “tecniche e materie”, simili ma diverse, ha origini antichissime sia in Oriente che Occidente: in Europa fu Marco Polo, durante il Medioevo, a far conoscere la pasta cinese, ripiena e non. E proprio in Cina sono stati ritrovati dei noodles fossili risalenti a 3800 anni fa. Al contempo in Grecia pare che fu Aristofane il primo a parlare di ravioli nel V secolo a.C. Tra i piatti forti delle feste polacche c’è poi la zuppa di pane (zurek) che

curiosamente abbiamo ritrovato solo a San Francisco, anche se completamente diversa. Ma “la scodella di pane” che la contiene è la stessa: in Polonia si tratta di una zuppa di carne e verdura (uova e salsiccia in particolare), in California crostacei, soprattutto vongole e granchio (clam o crab chowder in sourdough bread). Infine, i polacchi sono molto affezionati al caffè, anzi la sua storia da “bevanda del diavolo” a “rimedio per evitare di bere troppo alcool” è particolarmente sorprendente, e non è raro trovare bar fornitissimi, con tante tipologie da tutto il mondo. Niente di meglio che starsene seduti a sorseggiarne uno, magari allungato con la vodka come si faceva già dal 19esimo secolo, mentre si aspetta che fuori smetta di nevicare…

Insomma la Polonia, posizionata letteralmente a metà tra due visioni del mondo, sembra porsi oggi come un “brutto Paese” agli occhi degli europei, e solo perché chi (un tempo) è stato legittimamente votato continua ad allargare i suoi poteri senza ritegno, lenta ma inesorabile tendenza portata avanti soprattutto dalla Russia, praticamente da sempre, dagli zar a Putin. La Polonia è legata inesorabilmente a questa Storia. Ma dall’altra parte c’è la nuova Europa. E soprattutto c’è la Polonia: i popoli e i Paesi, come al solito, sono molto più ricchi di chi li governa o dell’immagine che possiamo averne da fuori, soprattutto se passa dal “filtro media” (aka scegliere sempre e solo, o soprattutto, la “notizia deviante”). Noi l’abbiamo vissuta come un Paese bello, percorso da più anime, dove forse non sarai accolto a braccia aperte come in Sicilia (e pure qui… ci sono le dovute differenze)… ma dove resiste un “senso del sociale” che molti altri Paesi che si ritengono più democratici hanno perso, e nonostante venga messo a dura prova su specifiche battaglie di libertà e diritti che rispondono solo a logiche di potere.

Campagne anti-aborto in chiesa a Varsavia “già” 5 anni fa… (febbraio 2016 – credits StereoType Mag)

I Paesi con caratteristiche contraddittorie sono però quelli dal terreno più fertile per nuove contaminazioni e modi di vedere. Ed è quello che sta già succedendo nella nostra amata Polonia: il suo “rigurgito nazionalista” aveva forti ragion d’essere dopo decenni di dominio russo, ma l’Europa è qualcosa di diverso a cui la Polonia sicuramente appartiene. E’ vero che oggi nel Paese si registra un forte rifiuto nei confronti dell’immigrazione, ma quale Paese europeo può oggi sentirsi esonerato da questo atteggiamento respingente? E di nuovo, questi sono i comportamenti dei governi, non dei popoli.

Incontri particolari di fronte le mura rosse del Barbacane di Varsavia (febbraio 2016 StereoType Mag)

I governi si giustificano dietro al popolo: la famosa “opinione pubblica” che non vuole un’invasione di stranieri. Il che è una paura legittima, peccato che il problema non esista in questi termini perché il popolo non è adeguatamente informato, anzi, viene appositamente spaventato: e così si parla di “invasione”, si nomina la “criminalità”, “l’irregolarità”, la “paura del diverso”. Poi si scopre che solo il 3,5% della popolazione mondiale migra e di certo non va tutta in Polonia. Anzi. Si scopre che la Polonia è un Paese di emigranti, soprattutto, e si scopre che mentre il governo polacco (insieme a quello ungherese) sbraitano contro l’accoglienza, al contempo la Polonia è stato il Paese europeo che in un solo anno ha accolto il numero più alto di migranti per motivi di lavoro. E allora, quando si tratta di aiutare lo straniero non va bene accogliere, ma se si tratta di sfruttarlo lavorativamente perché no? Questo non è razzismo, e non appartiene al popolo, questa è solo demagogia.

“Quindi hai capito perché amo la Polonia?”, mi chiese alla fine del viaggio l’amica che me lo propose. A distanza di qualche anno, e precisamente al suo anniversario!, rimane solo un gran bel ricordo, con un episodio finale e molto divertente in fila alle Poste polacche. Esperienza che non tutti possono vantare: una fila lunghissima, ma molto rapida. Una signora delle Poste che non parlava una sola parola di inglese… ma era molto gentile. L’obiettivo: spedire la borsa delle Poste polacche a questa amica che le colleziona. “Anche a New York sono andata a visitare le Poste Centrali. Ci vado ovunque vado. Perché si capiscono tantissime cose. Credo che provenga dalla mia ammirazione per Bukowski“. Io le risposi che avevo capito perché l’amasse: “praticamente è una Cuba, molto meno calda, musicale e cattolica, ma più vicina ed europea”. E lei: “sì, c’è una storia incredibile, è bella, si mangia bene, costa tutto poco ed è ospitale”.

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